Affermazione del Cortese al Concorso di poesia “Ali e radici”

Il Cortese conquista il podio della poesia di Ali e radici

 

Ancora una volta il Liceo Nino Cortese di Maddaloni conquista il podio del concorso di poesia indetto dall’associazione Ali e radici. Proprio ieri pomeriggio, infatti, nel plauso della sala dell’hotel Vanvitelli, tra marmi, specchi e lampadari settecenteschi, il nostro studente modello Salvatore Scalera della classe IV sez. E, riceve il suo meritato premio per la poesia Stanza n 16. La giuria non si trattiene dal considerare tale lavoro come un’alta espressione di sensibilità e forma che trasforma la parola in musica e i versi in pura armonia. Anche il Dirigente Scolastico prof. Michele Vigliotti, ormai in pensione e ospite d’onore dell’evento, ha mostrato il suo entusiasmo nell’apprendere che il podio fosse stato conquistato da un alunno del Liceo Cortese, e non si è risparmiato nel decantare l’impegno e la cura che il nostro Liceo profonde, già da anni, per educare alla poesia e all’arte in generale. La poesia è vita, è espressione di sentimenti, pensieri e sensazioni che pur vivendo dentro hanno bisogno di uscire fuori per diventare arte, bellezza, canto e addirittura magia. E’ per la poesia infatti che ieri i ragazzi già diplomati e comunque finalisti del concorso, come Angela Santo, Giuseppe Piccolo, Roberta De luca si trovassero insieme ai poeti ancora scolari, tra cui anche De lucia Nicola della VF, per condividere una stessa emozione e dare libero spazio al piacere di viversi e vivere con gli altri valori, pensieri, ansie, paure, gioie, speranze e tutto ciò che magicamente la poesia può regalare.

Riportiamo di seguito la poesia vincitrice con il relativo commento

Stanza nº16

Piccola cella con sbarre silenti

Tormenta il mio sonno bisbigliando lamenti

È chiusa a chiave la porta sicura 

Contro cui bussa, assetata, la mia anima oscura

 

Grida il mio corpo che ancora si danna

L’amore, la vita, la speranza 

Sono tutti reclusi in quella stanza

Dove dimora da sempre la mia grande condanna

 

Con eterna fatica si apre la porta

E scopre i tormenti insistenti 

Di un’anima morta

 

Si avvicina e piange il mio tenero cuore 

Accanto ad un corpo esangue

Che tiene con se il nostro amore

 

Stanza numero 16 e’ quella stanza allocata dentro ognuno di noi e che col passare del tempo cambia la sua numerazione inglobando in se’ tutti quei mutamenti che il tempo, l’età e le esperienze ci impongono. E’ come un’entità viva e parallela che alberga nella profondità del nostro io e si metamorfizza pur lasciando invariati i suoi requisiti essenziali: la cella e le sbarre. E’ silente e crea tormento perché pur negletta si fa sentire e, come un’amante, bisbiglia non per ammaliarti o addolcirti, ma per far sentire il suo lamento, quello per cui ci si rende conto di non riuscire ad essere ciò che nella nostra potenza già e’. E’ cosi che diventa un’energia pulsante che alimenta quel lato oscuro verso cui quotidianamente lottiamo perché diventi luce. Il corpo, irrequieto, frenetico, in fase di un cambiamento ineluttabile e necessario, si dimena, si danna perché amore, vita, speranza sono tutti lì reclusi ed essendo puri, perfetti, infiniti, unici sono anche una condanna poiché la finitudine del tuo essere non ti permette di averli come effettivamente siano. E’ per questo che si sceglie la via più giusta, quella che maggiormente si avvicini al tuo appagamento e che possa sublimare quelle mancanze vitali, afflato della nostra capacità di essere oltre. E’ un accomodamento il nostro, di un’anima morta dotata di un cuore vivo, pulsante, prepotente che non può fare altro che rimanere li accanto al nostro corpo ormai fiaccato dalla lotta quotidiana contro quelle sbarre e quella cella che custodiscono gli ideali perfetti della nostra essenza.

                                                                                                                                                 Prof.ssa Rosanna Lombardi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                               

 

                                                                                               

                

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

  Â