Recensione del romanzo di Elisa Ruotolo “Quel luogo a me proibito”

I bambini imparano a camminare trovando il proprio baricentro, è un lavoro su di sé; nonostante ciò, a pochi mesi di età non possiamo imparare a vivere con il rischio di farci del male, dunque, necessitiamo di un esempio da emulare. In questo modo impariamo a parlare: gradualmente gestiamo i toni della voce stridula sulla base di ciò che ascoltiamo, di solito le persone a noi più vicine, come i genitori. Ma cosa accadrebbe se fossimo lasciati a noi stessi? Se nessuno ci insegnasse a vivere? Se nessuno ci fornisse un’educazione sentimentale? Probabilmente rimedieremmo da soli in maniera anche naturale.

Ma da bambini siamo davvero in grado di occuparci di noi stessi da soli? Significa questo crescere?

Essere genitore di noi stessi potrebbe farci incappare nel rischio di limitarci a contemplare la nostra vita dall’esterno, guardandola in maniera apprensiva, ma passiva, al punto che ogni soffio di vita possa sembrare pericoloso, dunque, sbagliato.

Da Svevo a Pirandello passando per Joyce e Freud: tutti loro studierebbero questo caso: una ragazza che arriva a rifiutare la vita, non solo trascurando e non ascoltando il proprio corpo, ma chiudendo i propri orizzonti, autosabotando la sua stessa potatura.

Probabilmente per paura o per inesperienza genitoriale, l’ansia di controllare gli altri e ogni dimensione di sé si trasforma in una gabbia di ferro ardente e intangibile che causa la resa e la fuga di chi vorrebbe amare e di chi vorrebbe educarla alla vita.

Si ritrova a combattere la lussuria che ha addobbato con l’abito dell’ingiustizia, dell’errore, che ha allontanato così tanto, da aver perso tatto con la complicità dell’altra persona. Emergono sentimenti distruttivi come l’egoismo, la superficialità.

Ha bisogno di tornare all’origine della sua nevrosi.

Confrontarsi, essere faccia a faccia con la realtà delle cose: Nicla le offre uno specchio, tentata di spingerla dentro per essere risucchiata nel vortice della consapevolezza. Questo significa crescere: accogliere ciò che ci accade e che ci fornisce un’epifania, una rivelazione.

Sono molte le cose che le mancano come una presenza incoraggiante che le insegni ad amarsi, esempi quotidiani di affetto che non la facciano sentire anormale per le sue pulsioni fisiche, stabilità, tolleranza o forse, semplicemente, un’amica.